In caso di trasferimenti collettivi idonei a incidere significativamente sull’assetto organizzativo aziendale e, di riflesso, sulle condizioni contrattuali dei dipendenti, il datore di lavoro è tenuto, ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. 25/2007 (attuativo della direttiva 2002/14/CE), a informare e consultare preventivamente le rappresentanze sindacali. Ciò deve accadere in tutti i casi in cui «le decisioni dell’impresa che siano suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti dell’organizzazione del lavoro» (art. 4 co. 3 l. c) D. Lgs. 25/2007).
La mancata attivazione di tale procedura costituisce condotta antisindacale, in quanto elude gli obblighi normativi volti a garantire un confronto preventivo su decisioni di rilievo organizzativo. Rientra in questo ambito anche la decisione di trasferire circa 30 dipendenti a seguito della cessazione imminente di un appalto, decisione che ha determinato le dimissioni collettive degli interessati.
Ciò è quanto statuito, con sentenza del 17 gennaio 2025 della Corte d’appello di Ancona che ha confermato l’applicazione della succitata disciplina e degli obblighi di informazione e consultazione che devono precedere la decisione datoriale al fine di consentire una ricerca effettiva di soluzioni compatibili con gli interessi dei lavoratori e dell’impresa.
Secondo la Corte la contrattazione collettiva avrebbe il compito di disciplinare tempi e modalità dell’informativa, tuttavia in mancanza di specifiche previsioni, gli obblighi devono comunque essere adempiuti con congruo anticipo rispetto all’adozione della misura. La modifica della sede di lavoro, ove rilevante all’interno dell’assetto aziendale, infatti ad avviso della Corte deve essere oggetto di previa consultazione tanto più se la modifica ratione loci delle condizioni di lavoro rende la scelta equiparabile all’esercizio di potere di recesso «ove si consideri la reazione pressoché unanime dei lavoratori interessati risultati tutti dimissionari».
Quanto alla decisione nel caso concreto la Corte non ha ravvisato tuttavia gli estremi per l’applicazione della L. 223/1991, essendo i lavoratori tutti dimissionari, limitando le conseguenze alla violazione dell’obbligo di informazione preventiva ex D. Lgs. 25/2007.