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Disdetta del contratto collettivo e irriducibilità della retribuzione

Con l’ordinanza n. 8150 del 27 marzo 2025, la Corte di Cassazione ha confermato che il principio di irriducibilità della retribuzione, sancito dall’art. 2103 c.c., non tutela i lavoratori o le lavoratrici rispetto alla revoca di trattamenti economici introdotti dalla contrattazione collettiva nel caso in cui il contratto collettivo venga legittimamente disdettato dal datore di lavoro.

Nel caso di specie, alle lavoratrici veniva applicato un superminimo non assorbibile sulla base di un accordo di salvaguardia sottoscritto per compensare la perdita retributiva dovuta alla sostituzione del contratto collettivo nazionale e integrativo aziendale applicato dalla cedente, in occasione di una cessione di ramo d’azienda. Tale accordo era stato successivamente disdettato dalla società cessionaria, che aveva, quindi, cessato l’erogazione dell’emolumento. Le lavoratrici hanno agito in giudizio per contestare la revoca, ritenendo sussistente la violazione degli artt. 2103 e 2112 c.c. Tuttavia, i giudici di merito prima e la Cassazione successivamente hanno ritenuto infondate le loro istanze. Ciò poiché la scelta della cessionaria è stata conseguente a quella della cedente di disdettare l’accordo integrativo aziendale.

Nella parte motiva, la Suprema Corte, richiamando la Direttiva 2001/23/CE, ha precisato che il mantenimento delle condizioni di lavoro è garantito solo fino alla scadenza o alla sostituzione del contratto collettivo del cedente. Per la Corte, come stabilito dalla direttiva è vietato che il trasferimento d’azienda consenta un trattamento retributivo deteriore al momento della cessione e «per il solo fatto del trasferimento, ma chiaramente non può impedire che successivamente la retribuzione dei lavoratori trasferiti possa essere influenzata dalle dinamiche contrattuali che ab externo la disciplinano».

Quanto all’asserita violazione del principio di irriducibilità della retribuzione, la Corte ha precisato che le clausole collettive, in quanto fonte esterna al contratto individuale, possono essere modificate o eliminate da successive contrattazioni collettive. Solo nel caso in cui l’emolumento abbia natura individuale, legata a caratteristiche specifiche della prestazione, esso potrebbe resistere alla disdetta collettiva.