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Licenziamento illegittimo per non aver adottato alcun ragionevole accomodamento

Con la sentenza del 17 dicembre 2024 (R.G. 12488/2023), il Tribunale di Bari ha dichiarato illegittimo il licenziamento di un lavoratore affetto da invalidità grave per sopravvenuta inidoneità alla mansione, ritenendo che il datore di lavoro non avesse adottato alcun “ragionevole accomodamento” ai sensi dell’art. 3, comma 3-bis, del D.Lgs. 216/2003 in applicazione della direttiva 78/2000/CE.

La decisione si fonda sul principio per cui il datore di lavoro è tenuto a garantire ai dipendenti con disabilità misure organizzative idonee a consentire loro di proseguire l’attività lavorativa e tra queste rientra anche la formazione professionale per lo svolgimento di una nuova mansione, qualora quella originaria non sia più compatibile con lo stato di salute del lavoratore accertato da visita medica.

Nel caso di specie, il lavoratore era stato dichiarato inidoneo alla mansione e dapprima assegnato a compiti amministrativi e successivamente licenziato per l’impossibilità di essere ricollocato. Il Tribunale ha ritenuto irrilevante l’argomentazione del datore di lavoro sulla presunta incapacità del dipendente a svolgere le nuove mansioni, poiché non risultava che fosse stata fornita un’adeguata formazione per il loro svolgimento.

La pronuncia richiama il quadro normativo delineato dal diritto transnazionale ed internazionale oltreché nazionale. È infatti la Direttiva 2000/78/CE, che prende le mosse dagli artt. 21 e 26 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che impone un’interpretazione ampia del concetto di disabilità, inteso non solamente in senso medico ma relazionale e considera cioè <<i processi di esclusione determinati da barriere economico-sociali >> come condizione che può ostacolare la partecipazione al lavoro in assenza di adeguati interventi organizzativi. La decisione è inoltre fondata sulla convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata nel nostro ordinamento con la L. n. 18/2009, che dev’essere posta a fondamento per l’interpretazione delle normative antidiscriminatorie (Cass. 9095/2023).

Nel caso concreto e nella dinamica processuale, dunque, il datore di lavoro, secondo il Tribunale, non può limitarsi a dichiarare l’impossibilità di ricollocare il dipendente, ma deve dimostrare di aver adottato ogni misura ragionevole per consentirne la prosecuzione lavorativa e la formazione per una nuova mansione costituisce un elemento essenziale di tale obbligo. Solo dopo aver esperito questa strada e dimostrato l’inefficacia delle misure adottate, il licenziamento può essere considerato legittimo.