La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 14 marzo 2024, n. 6782, ha affermato il principio secondo cui, in tema di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la rinuncia del datore di lavoro al periodo di preavviso a fronte delle dimissioni del dipendente non fa sorgere il diritto di quest’ultimo al conseguimento dell’indennità sostitutiva, attesa la natura obbligatoria del preavviso.
La Suprema Corte ricorda come l’istituto del preavviso adempia alla funzione economica di attenuare, per la parte che subisce il recesso, le conseguenze pregiudizievoli della cessazione del contratto.
Ribaltando la pronuncia di merito, i giudici di legittimità sottolineano come il preavviso abbia efficacia obbligatoria e non reale: se una delle parti esercita la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve immediatamente e la parte recedente ha l’obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva.
La parte non recedente, che nel caso di specie ha rinunciato al preavviso, nulla deve a controparte, poiché nessun interesse giuridicamente qualificato è configurabile in favore di quest’ultima: il datore di lavoro può rinunciare liberamente al suo diritto di credito rispetto all’indennità sostitutiva del preavviso, senza corrispondere nulla al lavoratore dimessosi.