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La direttiva europea due diligence: oneri e responsabilità a carico delle imprese

La direttiva europea del 14 giugno 2024, n. 1760, detta anche “direttiva due diligence” è stata pubblicata in gazzetta ufficiale dell’unione europea il 5 luglio 2024, e richiederà un intervento dei recepimento a livello interno.

Le procedure previste al suo interno sono alquanto stringenti, e dunque destinate a cambiare in profondità le tradizionali prassi delle imprese europee.

La normativa prevede che i comportamenti richiesti alle aziende siano diretti alla “prevenzione, l’attenuazione, l’arresto, la minimizzazione e la riparazione degli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, sui diritti umani e sull’ ambiente connessi alle attività delle società stesse, nonché alle attività delle loro filiazioni e dei loro partner commerciali nelle catene di attività cui le società partecipano”.

La definizione di partner commerciale e di catena di attività è particolarmente importante perché estende di molto gli adempimenti delle società, coinvolgendo potenzialmente miriadi di piccole aziende anche distanti e non facilmente controllabili dalla società madre.

Gli obiettivi della direttiva sono duplici: (i) garantire il rispetto dei diritti sociali per tutti i lavoratori, anche operanti al di fuori del contesto europeo, ed (ii) il rispetto dell’ambiente nei suoi vari aspetti.

I diritti ed i beni la cui violazione le procedure sono volte a prevenire sono indicati in due allegati:

-Il primo allegato, riguardante la sostenibilità sociale, comprende i principali diritti e i relativi divieti presenti negli accordi internazionali sui diritti umani e nelle convenzioni.

La scommessa della direttiva è che gli obblighi di due diligence, così precisati e resi più stringenti, possano contribuire a migliorare l’effettività della tutela dei diritti già previsti, specie per gli aspetti e per i settori più a rischio.

-Il secondo allegato definisce i divieti e gli obblighi inclusi negli strumenti e nelle convenzioni internazionali in materia ambientale.

Gli obiettivi e gli obblighi in materia ambientale sono quelli che mettono più direttamente alla prova gli istituti tradizionali del diritto e delle politiche del lavoro e gli stessi orientamenti delle parti sociali: la prospettiva della sostenibilità ambientale richiederà cambiamenti profondi sia nella governance e nella strategia delle imprese, sia nella regolazione e nella gestione dei rapporti di lavoro.

I contenuti procedurali della direttiva prevedono un processo attuativo della due diligence in sei fasi, definite dalle linee guida per la condotta della impresa responsabile:

1) integrazione del dovere di diligenza nelle politiche e nei sistemi di gestione aziendale;

2) individuazione e valutazione degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi;

3) prevenzione, arresto o minimizzazione degli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, sui diritti umani e sull’ ambiente;

4) monitoraggio e valutazione della efficacia delle misure;

5) comunicazione;

6) riparazione.

I sistemi di gestione dei rischi richiesti devono essere elaborati previa consultazione con i dipendenti della società e dei loro rappresentanti, presentando l’approccio della società, anche a lungo termine, ed esponendo le procedure per la integrazione del dovere di diligenza nelle politiche aziendali, comprese le misure per verificare il rispetto del codice di condotta, nonché per estenderne la applicazione ai partner commerciali. Tale codice dovrebbe applicarsi a tutte le pertinenti funzioni aziendali, comprese le decisioni in materia di appalti, di personale e di acquisti.

La consultazione dei portatori di interesse dovrà attuarsi in tutte le fasi della procedura.

La direttiva stabilisce che gli Stati membri adottino le disposizioni di legge, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alle sue disposizioni entro il 26 luglio 2026.

Inoltre, con l’intento di dare tempo alle imprese di prepararsi per gli adempimenti necessari, si rinvia il dovere di applicare le disposizioni della direttiva in modo graduato, dal 26 luglio 2027 al 26 luglio 2029, a seconda delle dimensioni e della natura delle imprese.

In linea generale, viene richiesto alle società di adottare misure adeguate per mappare le loro attività, comprese quelle delle loro filiazioni e dei partner della catena di attività cui partecipano, e che sulla base della mappatura venga effettuata una valutazione approfondita delle attività proprie e della catena di attività nei settori in cui è stata individuata una maggiore probabilità che gli impatti negativi si verifichino e siano di maggiore gravità.

Sulla base delle procedure di valutazione dei rischi così effettuate le società sono tenute ad adottare “misure adeguate per prevenire gli impatti negativi potenziali che siano stati o avrebbero dovuto essere individuati … e qualora la prevenzione non sia possibile o non lo sia immediatamente, per attenuarli sufficientemente”.

Viene inoltre ricordato che qui si tratta di operare valutazioni necessariamente dinamiche, poiché i rischi ambientali sono legati a variazioni del contesto locale e globali, che non sono facilmente prevedibili, anzi spesso caratterizzati da situazioni non accertabili con le usuali tecniche predittive statistiche, come purtroppo testimoniano tante recenti esperienze di eventi climatici eccezionali e straordinari.

Una disposizione di particolare importanza è infine quella riservata alla lotta ai cambiamenti climatici: si stabilisce che le imprese di maggiori dimensioni debbano attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici, al fine di garantire con il massimo impegno possibile che le strategie aziendali siano compatibili con la transizione verso una economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 gradi, in linea con gli obiettivi stabili a livello internazionale. Inoltre, gli Stati provvedono a che il piano sia aggiornato ogni 12 mesi e che contenga i progressi realizzati dalla società, mentre alle imprese si richiede di stabilire obiettivi intermedi in relazione ai cambiamenti climatici per il 2030 ed in fasi quinquennali fino al 2050.