La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 4 settembre 2024 n. 23747, ha ritenuto illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore che, durante l’assenza per malattia a seguito di infortunio, svolgeva attività che sono state poi riconosciute come non idonee a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio.
La Suprema Corte ha così confermato la legittimità della condotta di un lavoratore che nel periodo dal 24 dicembre 2018 al 1° gennaio 2019, pur essendo assente dal lavoro per infortunio (consistito nella distorsione di due dita della mano), aveva svolto attività lavorativa nel bar di sua proprietà.
La società datrice di lavoro aveva licenziato per giusta causa il lavoratore dopo avere riscontrato, tramite l’apposizione di una telecamera sull’ingresso dell’esercizio commerciale, che questo aveva svolto alcune attività utilizzando la mano infortunata, mettendo così a rischio la propria guarigione e compromettendo il suo rientro in servizio.
I giudici di merito, in entrambi i gradi di giudizio, avevano dichiarato l’illegittimità del licenziamento per insussistenza del fatto, con ogni conseguenza reintegratoria e risarcitoria.
La Cassazione, confermando i precedenti gradi di giudizio, ha affermato il principio secondo cui, in materia di licenziamento disciplinare intimato per lo svolgimento di altra attività, lavorativa o extralavorativa, durante l’assenza per malattia del dipendente, grava sul datore di lavoro l’onere di provare che la malattia sia simulata o che l’attività svolta sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente medesimo. Sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, è stata dunque ritenuta irrilevante, per la sua inconsistenza, la condotta posta in essere dal lavoratore.