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Recesso del lavoratore disabile: impossibilità di reinserimento e “accomodamenti ragionevoli”

La Corte di Cassazione, nell’ordinanza del 24 aprile 2024, n. 18094 ha ribadito il principio secondo cui Il rapporto di lavoro con una persona con disabilità assunta obbligatoriamente, nel caso di significative variazioni dell’organizzazione di lavoro, può essere risolto solo se l’impossibilità di reinserirla all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti organizzativi, sia accertata dalla commissione medica integrata di cui all’articolo 10, comma 3, della legge 68/1999.

È stato dunque considerato illegittimo il licenziamento di una persona con disabilità per soppressione della sua mansione, affidata conseguentemente ad un’impresa esterna.

La Suprema Corte ha evidenziato come la società abbia licenziato il lavoratore al di fuori della procedura prevista dall’articolo 10, comma 3, della legge 68/1999, secondo cui, in caso di aggravamento delle condizioni di salute che rendano impossibile la prosecuzione dell’attività lavorativa, la persona con disabilità ha diri=o alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l’incompatibilità persista. A quel punto, il rapporto di lavoro può essere risolto solo dopo che la commissione medica abbia accertato l’impossibilità di reinserimento anche nel più ampio spettro dei cosiddetti “accomodamenti ragionevoli”.