La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 19 aprile 2024, n. 10679, ha ritenuto nullo, per indeterminatezza o indeterminabilità del corrispettivo, il patto di non concorrenza che lega la sua efficacia al mancato esercizio da parte del datore di lavoro di un potere insindacabile come lo ius variandi delle mansioni.
Nel caso affrontato, la Corte ha confermato la pronuncia di merito ritenendo nullo il patto di non concorrenza per indeterminatezza del compenso poiché, seppur stabilito in misura fissa, lo stesso risultava inficiato dalla clausola del contratto secondo cui, nel caso di mutamento di mansioni, la società avrebbe cessato di corrispondere il compenso e le obbligazioni derivanti dal patto sarebbero cessate decorsi 12 mesi dall’assegnazione alle nuove mansioni.
Il Giudice di ultima istanza ha rilevato che l’indeterminatezza del compenso inserito in un patto di non concorrenza, a causa di una clausola contrattuale che lega la sua efficacia alla sola ipotesi di assenza di un cambio di mansioni, rende nullo tutto l’intero patto. Il diritto al compenso non può dunque restare esposto all’unilaterale esercizio dello ius variandi da parte del datore: esso risulterebbe indeterminabile ex ante ed il patto sarebbe irrimediabilmente inficiato.