Con l’ordinanza n. 9831 del 15 aprile 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito l’insussistenza di un diritto del lavoratore alla retroattiva conversione dell’assenza per malattia in ferie, al solo fine di evitare le conseguenze del superamento del periodo di comporto.
Nel caso di specie, una lavoratrice aveva impugnato il licenziamento intimatole per superamento del comporto, chiedendo il riconoscimento di un diritto alla fruizione retroattiva delle ferie, così da elidere gli effetti della prolungata assenza per malattia. La Corte d’Appello aveva respinto il ricorso e la Cassazione ha confermato tale decisione.
La Suprema Corte ha chiarito che la richiesta di mutamento del titolo dell’assenza è legittima solo se avanzata nel corso di un’effettiva condizione patologica e subordinatamente alla volontà del lavoratore di sospendere tale assenza per fruire delle ferie, o viceversa. In mancanza di uno stato di malattia in atto e di una richiesta espressa durante tale periodo, non sussistono i presupposti per configurare un diritto alla conversione. Chiarifica la Corte, altresì, che il titolo dell’assenza del lavoratore si modifica per la sola trasmissione della certificazione necessaria da parte dello stesso non essendo necessaria alcuna comunicazione orale o scritta al datore di lavoro purché in costanza.
Pertanto, ogni richiesta formulata in via meramente retrospettiva, ossia successiva all’esaurimento del comporto, si pone al di fuori del perimetro di tutela delineato dall’ordinamento.
In tale ottica, la Corte ha ritenuto legittimo il recesso datoriale fondato sul superamento del comporto, rigettando il ricorso della lavoratrice.