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Revoca delle dimissioni: oneri probatori a carico del lavoratore

Con la sentenza n. 1136 del 24 marzo 2025, la Corte d’Appello di Napoli ha affermato che la revoca delle dimissioni da parte del lavoratore, per essere efficace, deve essere non solo trasmessa attraverso il canale telematico previsto, ma anche portata a conoscenza del datore di lavoro, trattandosi di un atto unilaterale a carattere recettizio.

Il caso trae origine dal ricorso di un lavoratore che, dopo aver rassegnato le proprie dimissioni da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ne aveva disposto la revoca il giorno stesso. La società, tuttavia, ha dichiarato di non aver mai ricevuto la PEC contenente la comunicazione di revoca, ritenendo pertanto le dimissioni pienamente efficaci e risolutive del rapporto. Il lavoratore ricorre giudizialmente, imputando la cessazione del rapporto di lavoro, non alle dimissioni, ma ad un licenziamento intimato oralmente.

Nel decidere la controversia, la Corte ha richiamato il quadro normativo di riferimento, che consente al lavoratore di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale entro sette giorni dalla trasmissione, mediante le stesse modalità previste per la presentazione dell’atto. Tuttavia è stato precisato che, la normativa, pur richiedendo una specifica forma per la trasmissione, non incide sulla natura giuridica dell’atto, che resta, pertanto, soggetta alle regole proprie dei negozi unilaterali recettizi.

Pertanto, secondo la Corte, la revoca per produrre effetti deve essere effettivamente conosciuta dal soggetto a cui è indirizzate e, quindi, dal datore di lavoro. Ne consegue che la sola trasmissione al portale ministeriale di per sé non è sufficiente se non viene a sua volta accompagnata da una comunicazione diretta al soggetto destinatario.

Nel caso in cui il datore di lavori contesti la mancata ricezione della comunicazione di revoca delle dimissioni, grava sul lavoratore l’onere di dimostrare che l’atto sia stato correttamente inviato e reso conoscibile alla controparte.

Non avendo il ricorrente fornito tale prova, la Corte ha rigettato la domanda, confermando che la cessazione del rapporto di lavoro sia avvenuta per effetto delle dimissioni volontarie rassegnate dal lavoratore.