Con ordinanza n. 6966/2025, la Corte di Cassazione ha confermato la nullità, per motivo ritorsivo, del licenziamento disciplinare irrogato a una guardia giurata che aveva rifiutato di eseguire una prestazione lavorativa risultata oggettivamente impraticabile.
Il lavoratore, di alta statura, non era fisicamente in grado di utilizzare l’autovettura di servizio assegnatagli, priva di regolazioni idonee ad adattarsi alla sua corporatura. L’inidoneità del mezzo è stata ritenuta accertata, così come la volontà datoriale di ostacolare il lavoratore con tale assegnazione.
I giudici di merito hanno ritenuto che il comportamento datoriale integrasse un abuso del potere disciplinare e, accertata la buona fede del lavoratore, hanno ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro con condanna al risarcimento del danno.
La Suprema Corte ha confermato la decisione, richiamando i principi che regolano l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., secondo cui il lavoratore può legittimamente rifiutare la prestazione se l’inadempimento del datore risulti grave, attuale e idoneo a incidere sull’equilibrio contrattuale. Altresì è giudicato legittimo il rifiuto e l’inadempimento qualora, avuto riguardo alle circostanze concrete, la condotta non risulti contraria a buona fede e sia accompagnata da una seria ed effettiva disponibilità a prestare servizio.
Non è necessaria una formale eccezione di inadempimento: è sufficiente che la volontà della parte sia desumibile, in modo inequivoco, dal comportamento processuale complessivo. La valutazione del giudice di merito, ove fondata su elementi istruttori coerenti, resta insindacabile in sede di legittimità.