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Buste paga e CUD sono prove sufficienti per l’insinuazione al passivo del lavoratore

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2147 del 16 gennaio 2025, ha stabilito che il lavoratore che intenda insinuarsi allo stato passivo di una società sottoposta a sequestro giudiziario può dimostrare l’esistenza del rapporto di lavoro e la natura del credito mediante la presentazione delle buste paga e dei modelli CUD.

Il caso riguarda un dipendente che aveva proposto opposizione giudiziale all’esclusione del proprio credito dal passivo della società, sostenendo di aver maturato il trattamento di fine rapporto durante il periodo di lavoro svolto. Il Tribunale aveva rigettato la domanda per mancanza di prova sulla sussistenza del rapporto di lavoro e sulla sua permanenza nel periodo antecedente al sequestro.

La Cassazione, ribaltando la decisione della Corte d’Appello, ha evidenziato che la busta paga, in quanto documento conforme alle scritture del libro unico del lavoro, costituisce prova sufficiente del credito vantato dal lavoratore. Tale efficacia probatoria discende dal fatto che il contenuto delle buste paga è obbligatorio per legge e sanzionato in caso di omissione, rendendolo idoneo a dimostrare l’esistenza del rapporto e l’entità del credito maturato.

Sulla base di tali principi, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del dipendente, riconoscendo la validità della documentazione prodotta ai fini dell’insinuazione al passivo della procedura fallimentare.