La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 30 luglio 2024, n. 2104, ha affrontato un caso attinente al risarcimento del danno differenziale a causa di un gravissimo infortunio sul lavoro patito da un lavoratore illecitamente interposto. Più precisamente, il lavoratore era addetto all’uso di una macchina ribobinatrice, di proprietà della società utilizzatrice effettiva della prestazione, subentrata nel contratto di affitto di ramo d’azienda tra la società cedente, formale datrice di lavoro, e la società cessionaria.
Secondo la Corte d’Appello, l’infortunio non rientrava nell’ambito della copertura della polizza assicurativa stipulata dalla società utilizzatrice, in quanto la responsabilità civile verso i prestatori di lavoro operava solo per i dipendenti o i parasubordinati assicurati e non, quindi, nei confronti dei lavoratori interposti. Difatti, non potevano essere considerati dipendenti dell’utilizzatrice essendo già dipendenti e, quindi, assicurati dalla cedente.
La Suprema Corte ha ritenuto errata l’affermazione della Corte d’Appello per cui il datore di lavoro assicurato fosse la società datrice formale, la quale aveva a libro paga l’infortunato. Infatti, in applicazione dalla disciplina degli artt. 27 e 29 d.lgs. 276/2003, il lavoratore doveva ritenersi assicurato ex lege dall’effettiva datrice di lavoro.
Nel caso di specie, il lavoratore è dunque da ritenersi illecitamente impiegato in un appalto illecito di manodopera alle dipendenze del datore di lavoro effettivo, che sarà pertanto chiamato a rispondere dell’infortunio.