La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26440 del 10 ottobre 2024, ha respinto il ricorso presentato da un lavoratore, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari che aveva confermato la legittimità del suo licenziamento per giusta causa. Il dipendente, impiegato presso il banco macelleria di un supermercato, era stato licenziato a seguito di un diverbio con un cliente, durante il quale si era rivolto a quest’ultimo in modo scurrile e aggressivo. La Corte d’Appello aveva rilevato la gravità della condotta, sottolineando il mancato ravvedimento del lavoratore, che aveva continuato a tenere un comportamento inadeguato.
Nel ricorso per Cassazione, il lavoratore aveva lamentato l’omesso esame di alcuni fatti decisivi, tra cui l’atteggiamento provocatorio del cliente e la condotta precedente del dipendente. Tuttavia, la Cassazione ha rigettato tali motivi, affermando che la valutazione delle prove e dei fatti è riservata al giudice di merito e non può essere oggetto di riesame in sede di legittimità. Inoltre, la Corte ha ribadito che, ai fini della giusta causa di licenziamento, il giudizio di proporzionalità tra la condotta del lavoratore e la sanzione espulsiva deve essere valutato in base a parametri oggettivi e soggettivi, considerando anche il comportamento complessivo del lavoratore e i precedenti disciplinari.
La Cassazione ha infine ritenuto corretto l’operato della Corte d’Appello che aveva attribuito alla società datoriale l’onere della prova e ha confermato la sussistenza degli estremi per la giusta causa di licenziamento, in quanto la condotta del dipendente era risultata incompatibile con la prosecuzione del rapporto di lavoro.
La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la legittimità del licenziamento e condannando il ricorrente al pagamento delle spese legali, oltre al contributo unificato.