La Corte d’Appello ha rilevato che il diritto alla NASPI sussiste ogniqualvolta la risoluzione del rapporto di lavoro sia riferibile, non a una libera determinazione del dipendente, ma un fatto altrui, normalmente dipeso dal datore di lavoro, idoneo a non consentire comunque la prosecuzione del rapporto.
Nel caso di specie la Corte ha ritenuto che non sia necessario che il trasferimento del lavoratore presso una sede aziendale sita a oltre 50 Km sia illegittimo, essendo sufficiente che il trasferimento per il dipendente renda impossibile o comunque esageratamente gravoso eseguire la prestazione.
Secondo la Corte l’esercizio legittimo dei poteri datoriali può determinare modifiche essenziali dei contenuti del rapporto tali da rendere sostanzialmente impossibile per il lavoratore proseguirne l’esecuzione.
In tali casi, la risoluzione del rapporto è riferibile al potere organizzativo datoriale e quindi la disoccupazione è involontaria.
Su tali presupposti, la Corte accoglie l’appello della lavoratrice riconoscendo il diritto della stessa a ricevere la NASPI.