Lo scorso 24 maggio 2024 il Consiglio dell’Unione Europea ha formalmente adottato la Direttiva 2022/0051, definita Corporate Sustainability Due Diligence Directive (la “CS3D”). La Direttiva ha introdotto obblighi di due diligence per le grandi imprese UE ed extra-UE, al fine di dar conto degli impatti negativi delle loro attività sui diritti umani e sull’ambiente. La nuova disciplina non riguarda però esclusivamente le grandi imprese, ma anche le attività delle relative filiali e partner commerciali.
Campo di applicazione:
- le società UE con almeno 1.000 dipendenti ed un fatturato mondiale superiore ai 450 milioni di euro;
- le società extra-UE con un fatturato netto maggiore di 450 milioni di euro generato nell’UE (sono incluse anche le società madre di gruppi che raggiungono tali dimensioni).
Tempistiche di applicabilità della Direttiva:
- 3 anni dall’entrata in vigore per le società UE con più di 5.000 dipendenti e 1.500 milioni di euro di fatturato netto mondiale nonché per le società extra-UE con più di 1.500 milioni di euro di fatturato netto nell’Unione;
- 4 anni per le società UE con più di 3.000 dipendenti e 900 milioni di euro di fatturato netto mondiale nonché per le società extra-UE con più di 900 milioni di euro di fatturato netto nell’Unione; e
- 5 anni per le società UE con più di 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di fatturato netto mondiale nonché per le società extra-UE con più di 450 milioni di euro di fatturato netto nell’Unione.
La CS3D si compone di plurime obbligazioni di human rights due diligence, comprendenti:
- l’identificazione e la valutazione dei potenziali impatti avversi sui diritti umani e sull’ambiente;
- la prevenzione e la mitigazione delle esternalità negative nonché la minimizzazione dei relativi effetti;
- l’integrazione della due diligence nelle policy aziendali e nei sistemi di risk management (compresa la previsione di un codice di condotta che descriva i principi che devono essere seguiti dalla società e dalle sue filiali);
- la cessazione dell’impatto negativo eventualmente generato e la conseguente attività rimediale da porre in essere;
- il monitoraggio dell’efficacia delle attività implementate, anche in riferimento a quelle attuate dalle filiali e dai partner commerciali;
- la previsione di meccanismi endoaziendali di complaint per i soggetti lesi;
- la comunicazione all’esterno degli impatti identificati e delle misure attuate;
- l’allineamento delle policy aziendali con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi di limitazione del riscaldamento globale a 1,5 °C, adottando piani annuali di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Nella Direttiva si richiede che gli stati membri prevedano delle adeguate sanzioni amministrative con riferimento alla violazione degli obblighi di due diligence. In particolare, devono essere previste delle sanzioni pecuniarie non inferiori nel massimo edittale pari al 5% del fatturato netto mondiale della società. Come sanzione accessoria è prevista anche la possibilità di prevedere la pubblicazione del provvedimento di comminazione della sanzione con l’indicazione esplicita del nominativo dell‘impresa responsabile e la tipologia di violazione commessa. È inoltre prevista, da parte degli stati membri, l’istituzione di autorità di sorveglianza dotate di poteri di investigazione, informativa, acquisizione documentale, ispezione, inibitoria nonché della possibilità di imporre obblighi rimediali e di comminare sanzioni.