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Newsletter dell’11 ottobre 2023 del Garante della Privacy

Il Garante della Privacy è intervenuto sulla questione dell’utilizzo del GPS. Il caso trae origine da una richiesta pervenuta da parte di alcuni lavoratori con il fine di operare una verifica circa la correttezza della propria busta paga. I lavoratori avevano chiesto alla datore di lavoro di conoscere le informazioni utilizzate per elaborare i rimborsi chilometrici e la retribuzione mensile oraria, nonché la procedura per stabilire il compenso dovuto.
La società, si era limitata ad indicare le modalità e gli scopi del trattamento senza indicazione analitica e esaustiva dei dati trattati. Dalla rilevazione del GPS derivava indirettamente la geolocalizzazione dei dipendenti e, di conseguenza, un trattamento di dati personali, quantomeno nel momento della lettura dei contatori. Una condotta risultata illecita (art. 5, par. 1, lett. a) del Regolamento.
Il Garante ha ribadito che diritto di acceso (art. 15 del Regolamento) e diritto di ricevere l’informativa privacy (art. 13 e 14 del Regolamento), seppur correlati, sono diritti distinti, sanciti da differenti disposizioni dell’ordinamento e rispondenti ad esigenze di garanzia dell’interessato non completamente sovrapponibili. Pertanto, il rinvio all’informativa privacy generale non risulta un mezzo sufficiente per consentire al titolare del trattamento di soddisfare il diritto di accesso dell’interessato. L’ Autorità ha ordinato alla società di fornire ai reclamanti i dati relativi alle specifiche rilevazioni/coordinate geografiche effettuate con il GPS dello smartphone e tutte le informazioni ricollegate al trattamento richieste. Il Garante ha precisato infine che la società, anche qualora non avesse ritenuto di poter dare pieno riscontro alle richieste dei dipendenti, avrebbe dovuto indicare almeno i motivi specifici per i quali non poteva soddisfare le istanze di accesso, rammentando il diritto dell’interessato di presentare reclamo al Garante o ricorso giurisdizionale.